Storia di una fattoria africana by Olive Schreiner

Storia di una fattoria africana by Olive Schreiner

autore:Olive Schreiner [Schreiner, Olive]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788809796683
editore: Giunti
pubblicato: 2016-08-17T22:00:00+00:00


3

GREGORY ROSE TROVA LA COMPAGNA IDEALE

Gregory Rose, il nuovo fittavolo, se ne stava seduto sulla soglia di casa con le braccia conserte, le gambe accavallate e una profonda malinconia che sembrava esserglisi posata sull’anima. La casa era un piccolo edificio quadrato di paglia e fango, sperduto in mezzo al karoo, a due miglia circa dalla fattoria principale. Era intonacata con uno strato di fango bruno che le dava un aspetto un po’ mesto e nelle pareti c’erano due piccole aperture chiuse con una lastra di vetro che servivano da finestre. Dietro la costruzione c’erano i kraal delle pecore e, sulla destra, un grosso bacino artificiale, che al momento conteneva soprattutto fango riarso. In lontananza la piccola kopje nascondeva la fattoria principale, ma non era di per sé un oggetto abbastanza imponente da rompere la terribile monotonia del paesaggio.

Gregory Rose, in maniche di camicia, se ne stava dunque seduto su uno sgabello sulla soglia di casa e ogni tanto sospirava profondamente. Nella sua espressione c’era un certo non so che che neanche la sua deprimente situazione riusciva a spiegare. Ogni due secondi lanciava uno sguardo in direzione della kopje, poi al secchio del latte che aveva lì a fianco, quindi al piccolo pony bruno che, non molto distante, brucava tra i cespugli secchi e infine sospirava sconsolato.

D’improvviso s’alzò ed entrò in casa. L’interno era costituito da una sola piccola stanza le cui pareti imbiancate erano abbondantemente ricoperte da stampe ritagliate dall’Illustrated London News in cui era facile notare la preponderanza di volti e figure femminili. La parete di fondo era occupata da una branda, quella opposta era invece ornata da una rastrelliera con un solo fucile e da uno specchio, mentre al centro c’erano un tavolo e una sedia. Ogni cosa era scrupolosamente pulita e ordinata, perché Gregory, come gli aveva insegnato la mamma, teneva uno straccio per la polvere ripiegato in un angolo del cassetto del tavolo e tutte le mattine, prima di uscire, diceva le preghiere, si rifaceva il letto e poi spolverava il tavolo, le zampe della sedia e perfino le figure incollate sulle pareti e la rastrelliera.

In questo afoso pomeriggio estivo, Gregory tirò fuori da sotto al cuscino una borsa portaorologio che sua sorella Jemima aveva ricamato per lui e guardò l’ora: ancora le quattro e mezza! Con un singhiozzo di disappunto lasciò cadere l’orologio nella custodia e si sedette vicino al tavolo. Le quattro e mezza!

D’un tratto si riscosse: avrebbe scritto una lettera a Jemima. Le scriveva sempre quando si sentiva depresso. Era la sua valvola di sfogo. Quando era felice, dimenticava perfino che la sorella esistesse; ma appena si sentiva triste, la sfruttava subito come confidente. Tirò dunque fuori carta e penna. Sulla carta da lettera c’era lo stemma di famiglia completo di motto, dato che i Rose, da quando erano venuti a stabilirsi nella colonia, avevano scoperto di essere discendenti da un distinto lignaggio. In verità, il vecchio Rose, un onesto agricoltore inglese, non ne sapeva granché di queste nobili origini, ma sua moglie e sua figlia – specie quest’ultima – erano informatissime.



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